1953. “Non molto tempo fa i giornali di New York riportarono uno stranissimo incidente. Un bel dì, un conducente autobus del Bronx scomparve insieme al suo veicolo vuoto, e dopo parecchi giorni fu fermato dalla polizia in Florida. Egli spiegò che, essendosi stancato di percorrere semple lo stesso tragitto, aveva deciso di fare una gita.
Mentre lo portavano indietro, apparve chiaro dai giornali che la società degli autobus trovava difficile decidere se o come lo si dovesse punire. Quando infine egli giunse nel Bronx, era diventato una cause célèbre, e una folla di gente, che evidentemente non aveva mai conosciuto di persona l’autista vagabondo, s’era riunita per dargli il benvenuto.
Quando fu reso noto che la società aveva deciso di non denunciarlo ma di ridargli l’impiego a patto che rinunciasse alle scampagnate, nel Bronx vi fu un’ovazione sia letterale che metaforica”.
“Perché mai questi seri cittadini di un quartiere metropolitano che è quasi sinonimo di urbana convenzionalità borghese, trasformarono in eroe un uomo che, secondo le loro regole, era un ladro d’auto e, ancor peggio, aveva mancato di presentarsi puntualmente al lavoro? Non fu forse perché quest’autista che si stufò a morte di far sempre la stessa strada, di girare attorno agli stessi edifici e di fermarsi sempre agli stessi angoli giorno dopo giorno, incarnava lo stesso vuoto e la stessa futilità di questi borghesi, e il suo gesto, per quanto inutile, rappresentava qualche bisogno profondo ma rimoosso dei solidi cittadini del Bronx? ”
(Rollo May – Man’s search for himself, 1953)