Si narra che 1000 anni or sono Hotu Matu’a fosse il principe erede al trono del regno polinesiano di Marae Renga. Hotu Matu’a aveva un fratello Ko Te Ira Ka Atea e alla morte del padre tra i due si scatenò una lotta per il trono, alla fine della quale Ko Te Ira Ka Atea sconfisse il fratello, così Hotu Matu’a decise di partire a bordo della sua doppia grande canoa dopo aver fatto un sogno in cui percorreva in volo l’oceano fino a raggiungere una piccola isola sperduta in mezzo al mare.
Partì con la moglie e sette tra i suoi amici e seguaci più fedeli un agricoltore, un pescatore, un astronomo, uno scultore, un architetto, un guerriero, un medico ostetrico e le loro famiglie percorrendo 2500 km in 17 giorni di attraversata sbarcando sull’isola di Rapa Nui.
Ancora oggi i discendenti Rapa Nui raccontano la storia di Hotu Matu’a il “Grande genitore” che colonizzò l’isola che conosciamo col nome di Isola di Pasqua nome che prese dal giorno in cui l’esploratore olandese Jacob Roggeveen approdò sull’isola nel 1772.
Le popolazioni polinesiane allevavano maiali, polli e cani, tuttavia sull’isola non troviamo traccia di maiali o cani, solo polli, quindi se probabilmente presenti alla partenza, non arrivarono sull’isola o non riuscirono a riprodursi.
All’arrivo sull’isola si stabilirono sulla costa dove fondarono i primi insediamenti vivendo di pesca e utilizzando la grande canoa per pescare in mare aperto nutrendosi principalmente di delfini.
Dagli studi emerge che l’isola è rimasta priva di contatti con altre popolazioni per quasi mille anni, non ci sono infatti sull’isola attrezzi e strumenti presenti nelle isole più vicine (che comunque si trovano a non meno di 2000 km). Nelle isole vicine si trovavano utensili come asce per lavorare il legno che non sono presenti sull’isola e questo confermerebbe l’isolamento della popolazione.
Molto probabilmente l’isola di Pasqua si presentò ai suoi primi colonizzatori come un paradiso. Gli uomini riuscirono molto rapidamente ad adattarsi al nuovo stile di vita e a utilizzare le risorse che molto generosamente l’isola metteva a disposizione.
Nel giro di 500 anni la popolazione crebbe fino ad arrivare a 15000 persone.
Del periodo di massima espansione della popolazione sull’isola sono le grandi state Moai erette in 300 punti su tutta l’isola raffiguranti volti stilizzati di uomini e con lo sguardo rivolte verso l’interno dell’isola. Sui moai molto si è scritto e fantasticato sul loro significato. Ci piace pensare che il fatto di essere in un paradiso consentisse agli abitanti di avere tempo per erigere queste statue che venivano prodotte solo in una cava di pietra nell’isola e trasportate ovunque per essere posizionate su tutto il perimetro. Si è calcolato che per il trasporto si usassero delle rotaie di legno fatte con alti alberi presenti in abbondanza sull’isola, gli stessi alberi che venivano utilizzati per fare le canoe ed anche per fare legna per riscaldarsi e per bruciare i morti.
Si creò una cultura con delle tradizioni e si utilizzarono tutte le risorse disponibili che la natura forniva.
Tuttavia le risorse dell’isola non erano illimitate negli anni si perse di vista il rapporto tra l’utilizzo delle risorse e la capacità della natura di rinnovarsi. Sembra infatti che gli alberi finirono tutti per essere utilizzati il numero crescente di popolazione necessitava di cibo, si fecero sempre più canoe e si usarono sempre più alberi per le rotaie per il trasporto dei moai. Poi improvvisamente dovettero smettere di produrre e trasportare moai. Gli alberi erano finiti. Lo testimonia il fatto che la cava di pietra appare ancora oggi al visitatore come piena di moai scolpiti e come se fosse improvvisamente abbandonata. In realtà passarono diversi anni, ma non ci si accorse che le risorse stavano per finire e quando l’ultima imbarcazione si logorò non ci fu più modo di creare un’altra canoa. Smisero di guardare al mare per cibarsi e si rivolsero alle colonie di uccelli presenti sull’isola. Nel giro di pochi decenni si estinsero 30 tipi di uccelli presenti sull’isola. Le risorse alimentari iniziarono a scarseggiare e la popolazione compatta e spensierata delle origini, si ritrovò divisa in clan. Un tempo i moai attraversavano liberamente i territori delle famiglie e poi dei clan, ora non fu più possibile. Anche le coltivazioni iniziarono a non essere più sufficienti per il sostentamento e iniziarono conflitti per il cibo che culminarono con il cannibalismo. All’arrivo degli europei la popolazione nel giro di 200 anni si era notevolmente ridotta a circa 3000 unità. Alcuni abitanti furono fatti schiavi e la popolazione si ridusse ulteriormente a 1500 indigeni.
Qualche volta se siamo troppo dentro alle cose che viviamo quotidianamente e non ci accorgiamo che stiamo crescendo, rischiamo di non vedere che stiamo consumando tutte le risorse, senza lasciare il tempo alla natura di rigenerarsi.
Vedete voi cosa farvene di questa storia.