di Joyce C. Mills*
Nel 1992 mio marito ed io abbandonammo tutto ciò che ci era familiare e su cui avevamo basato la nostra sicurezza, per inseguire un sogno, e dopo 26 anni di vita a Los Angeles ci trasferimmo alle Hawaii, nell’isola di Kaua’i. I venti raggiunsero e 227 miglie orarie. L’uragano Inikii si abbatè sull’isola con una violenza inaudita, lasciando gli abitanti senza casa, senza elettricità e telefono, con scarsità di acqua e cibo. Nei molti mesi di ricostruzione che seguirono, guardando la natura rifiorire e rinnovarsi dopo la devastazione, imparai la differenza tra sopravvivere e prosperare.
Qualche settimana dopo il passaggio dell’uragano Iniki, alcuni cari amici e vicini vennero ad aiutarci a ripulire il giardino. C’erano molti alberi caduti, grandi massi di roccia lavica , tegole che si erano staccate dal tetto della nostra casa e da quelle vicine, tavole da surf e detriti sparsi ovunque. Mosche e moscerini ronzavano e svolazzavano sui pesci morti, trasportati fin dentro la nostra proprietà dalle onde dell’oceano che distava poche decine di metri, insieme a cumuli di sabbia che avevano formato delle dune.
La cosa più dolorosa era la vista di tutti quei meravigliosi alberi abbattuti e sradicati che giacevano inerti sul terreno.la potenza del vento aveva trasformato un ambiente sereno in una landa desolata. Dopo esserci spezzati la schiena per diverse ore caricando e trascinando detriti e dopo ben cinque viaggi alla discarica con due enormi camion ribaltabili e un carrello elevatore ci prendemmo tutti una pausa.
Uno degli uomini, Ray, mi avvicinò e indicandomi un grosso albero che giaceva a terra lì accanto, proprio di fronte all’ingresso della nostra casa, mi disse: “Guarda quell’albero”. Le radici erano fuori uscite completamente dal terreno e le foglie, un tempo verdi, erano diventate secche e marroni. Sembrava che stesse morendo, o che fosse addirittura già morto. Ray continuò: “Quello è un albero caratteristico di cava apostrofo i, si chiama Milo ed è a rischio di estinzione”. Ora lo tiriamo su con il carrello elevatore E lo Ri piantiamo”. “Ma sei sicuro di volerlo fare?” gli chiesi incredula. “Ci avete già aiutato abbastanza e poi mi sembra che ormai quell’albero sia morto”.
Ray si mise a ridere: “Oh no, si riprenderà. Lo rimetteremo in piedi e ripianteremo le radici nel terreno. Crescerà di nuovo. Vedi, quando un albero come quello viene abbattuto e lo rimpianti, diventa più forte di prima, perché le radici sono costrette ad andare ancora più in profondità nel terreno, alla ricerca di nutrimento. Non ti preoccupare Joyce, crescerà di nuovo, credimi”.
Uno dei carrelli elevatori sollevò con attenzione l’albero caduto e lo rimise in piedi.mentre osservavo la scena, avvertii chiaramente che dentro di me qualcosa si stava muovendo, come se anche io in quel momento mi stessi “rialzando in piedi” dopo essere stata messa al tappeto dalle vicissitudini legate al mio trasferimento e alla necessità di adeguarmi al nuovo stile di vita.
Mi resi conto che le radici della mia esperienza avrebbero dovuto penetrare più in profondità nel terreno, per poi trarre da quel nuovo ambiente il nutrimento spirituale di cui avevo bisogno per crescere più forte di prima, proprio come l’albero.
Un sorriso mi illuminò il volto quando compresi che Ray, permettendomi di apprezzare la saggezza della natura, mi aveva fatto un dono di guarigione personale.
Un paio di mesi più tardi notai che dai rami secchi e spezzati stavano spuntando, trionfanti, delle foglie di un verde brillante. Ray aveva ragione… il Milo ora sembrava ancora più forte e i suoi rami, simili abbraccia, si stanno allargando, come ad abbracciare la sua nuova vita.
* Tratto da “StoryPlay: ri-svegliare il bambino interiore e la sua resilienza” di Joyce C. Mills